Il convento benedettino di Valle Santa Felicita

Parlare della presenza benedettina in Valle è difficile. Sono infatti scarne le notizie. Gli stessi Sajanello e Bortolí nulla ci dicono sui monaci limitandosi a succinti riferimenti sulle monache.

Per il Sajanello l'oratorio di S. Felicita era stato eretto, prima del sec. XV, da una donna di tale nome che vi fondò anche il convento.

convento benedettin

Il Bortoli fa invece risalire tale fondazione all'anno 1055, riprendendo in tal modo come fonte la «memoria  antichissima»; questa deriva da un manoscritto asolano, non ben definito ma datato 1630 dal Sajanello; il quale, alquanto cauto sulle benedettine così si esprime sostanzialmente: «non oso affermare per sicuro, nè dubitare se colà siano vissute le vergini sotto la regola di San Benedetto come asserisce la bolla di Eugenio IV, oppure se si sia trattato di sole pie donne religio­se. La mia opinione, continua, è per il primo caso, che mi sembra pii accredita­bile».

In questa diversità di notizie ci sono però elementi sufficienti per dedurre che alla fine del secolo XIII c'erano i monaci ed alla fine del XIV secolo le monache, anche se non si sa ancora quando sia stato fondato il monastero.

Nella decima papale del 1297 si trova scritto che c'era un certo «dompnus Stephanus prior dicti monasterii» di S. Felicita (S. Felicitatis de Romano), il quale aveva addebitato una somma di 84 lire piccole e 16 soldi. La quota mette in rilievo una certa consistenza di beni appartenenti all'abbazia che appare così una delle più ricche.

E' questo l'unico atto rinvenuto riferito ai monaci. Prima di tale data invece nulla si dice delle monache. Di esse si comincia ad avere notizie solo dal loro allontanamento dalla Valle e quindi dalla distruzione del monastero. Ne parla proprio il Sajanello, rifacendosi alla bolla di Eugenio IV in data 19.5.1438, con la quale veniva soppressa la dignità di abbadessa e trasferita al b. Beltrame da Ferrara la chiesa di Santa Felicita. Tale soppressione di titolo però non impedì che il Senato Veneto, in data 15 marzo 1445, concedesse alla «abbadessa del monastero di Santa Felicita di Romano» di poter permutare 5 campi in Fietta con un terreno con casa a Casale (Semonzo); il 24 maggio 1442 lo stesso Senato aveva concesso «ai sacerdoti della chiesa di Santa Felicita» di permutare alcuni campi in Fietta con altri posti in Bassano.

Purtroppo l'atto del 1445 non dice di più; nè è stata rinvenuta la richiesta dalla quale si sarebbe potuta conoscere anche la nuova dimora delle monache. 

Causa della decadenza, a parere del Sajanello, fu la difficile situazione dovuta allo scisma d'occidente che portò alla presenza contemporanea di tre papi. Questo si concluse poi con il Concilio di Costanza del 1417 che depose Gregorio XII romano, Benedetto XIII avignonese, e Giovanni XXIII pisano e quindi con l'elezione di Papa Martino V. La gravissima crisi religiosa aveva colpito le alte sfere del clero ed anche le famiglie religiose sia maschili che femminili. Queste ultime, afferma sempre lo stesso storico, «erano venute meno ai loro regolamenti, anche questo asceterio di Santa Felicita rovinò sia nella disciplina della regola che nell'edificio». Per il Bortoli altra causa dell'abbandono è da ricercarsi nella vicenda della guerra Veneto-Carrarese che si concluse a Romano con la presa del borgo, del castello nel 1379 e la resa della guarnigione veneziana capitanata dal Morosini. Le vergini avrebbero abbandonata la Valle anche per timore di rimanere vittime del malvagi.

Studiosi a noi più vicini, come il Bortolami o il Passolunghi, sono però concordi nel rilevare, all'epoca, una crisi generale dei Benedettini nei due territori di Padova e di Treviso; di conseguenza i vasti possedimenti dei monasteri venivano trasformati in commende. Così, sul far del XV secolo, mentre la presenza benedettina si era prati-camente esaurita in Valle Santa Felicita, spuntarono gli eremiti. Come si asserisce nella bolla di Eugenio IV del 19.5.1438, la ripresa della vita in Valle avviene in una fase di recupero del monastero delle monache. In detta bolla infatti si afferma che le monache dell'ordine di S. Benedetto avevano abbandonato detto monastero di Santa Felicita lasciandolo in gran parte distrutto. Per questo motivo, e per riportarlo all'uso, il Vescovo di Padova aveva investito del titolo il beato Beltrame.